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Vincenzo Lavenia, L'infamia e il perdono: Tributi, pene e confessione nella teologia morale della prima età moderna, Bologna: Il Mulino, 2004.
Trasgredire la legge comporta il peccato? Una parte della teologia occidentale ha svalutato il vincolo delle norme positive perché fondato sulle necessità della coercizione umana. Offrendo un ricco contributo alla storia della confessione, il volume illustra il contesto in cui nacque, alla fine del medioevo, la separazione tra colpa e pena, tra peccato e reato, tra penitenza e punizione terrena. Con l'attacco del conciliarismo agli effetti delle scomuniche si avviò una riflessione che nel XVI secolo fu alla base della critica degli abusi dell'Inquisizione, della sua pretesa di violare il sigillo della confessione e di imporre pene (come la confisca) che colpivano innocenti. La crescente capacità coercitiva dei tribunali ecclesiastici e civili spinse teologi e canonisti cattolici a ridisegnare il ruolo della confessione; ma ad essere chiamati in causa - osserva l'autore - furono anche i modi della conquista americana, la sperequata fiscalità secolare, la violazione dei diritti comuni, la commistione tra pratica delle indulgenze e prelievo dei tributi. Nel laboratorio dell'Impero spagnolo teologi e giuristi si divisero sulla questione del rapporto tra le leggi e gli obblighi di coscienza. Quelle dispute segnarono, nel Seicento, la battaglia dell'Interdetto, con la quale si fece strada un nuovo modo di intendere il diritto e la dottrina dei casi.